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Viabilità e strade

La geologia e i fossili di Guardasone

La protostoria a Guardasone – Archeologia

L’età romana a Guardasone – Archeologia

Castello di Guardasone e Guardiola

Trekking e natura

Galleria di immagini

 

Viabilità e strade

Guardasone sorge in posizione strategica, dove si strutturano sentieri e vie di comunicazione nel corso del tempo, in un’area di contatto fra la pianura e i primi rilievi. La sua vicinanza al corso del fiume Enza ne fa il naturale punto di partenza di percorsi che risalgono la valle verso Sud per raggiungere i passi appenninici. Già durante l’età del Ferro si nota la presenza di insediamenti, sia nell’area di Guardasone sia sul monte Pezzola (sulla sponda opposta dell’Enza) con la funzione di presidiare l’imboccatura della valle. Questi sentieri risultano battuti anche durante l’età romana come dimostrano, ad esempio, il cippo rinvenuto da Gaetano Chierici nell’Ottocento e la vicinanza della strada di collegamento fra i centri romani di Parma e Lucca: tracce del percorso acciottolato sono visibili nella vicina area archeologica di Luceria, a Ciano d’Enza.

Questi percorsi sfruttano elementi naturali e del paesaggio: primo fra tutti il crinale che scende dal Monte Fuso verso Lodrignano e Bazzano dove, come a Guardasone, un castello controllava il percorso. Risalendo la valle, all’altezza di Lodrignano, la Val d’Enza diviene sempre più impervia e difficile da percorrere per la presenza di versanti scoscesi e formazioni rocciose. E’ sempre lo snodo di Lodrignano che permette un’agevole risalita attorno al versante del Monte Fuso, passando da Sasso per arrivare a Moragnano e da qui proseguire lungo le pendici del monte Caio e continuare la risalita, con una pendenza costante. Tutto ciò aiuta a comprendere lo sviluppo, a partire dal secolo VIII d.C., di percorsi sempre più definiti che puntavano al valico degli Appennini presso il Lagastrello, o com’era detto anticamente, il Malpasso.

Fino al basso medioevo, inoltre, il ricordo di vie di collegamento di medio raggio vive nel legame di dipendenza che la chiesa di Bannone mantiene con l’Abbazia di Linari. A fianco di Bannone, inoltre, sorgeva l’Ospedale di San Giacomo di Rivarossa con una dedicazione, a San Giacomo, patrono di viandanti e pellegrini, che ci suggerisce il collegamento dell’ospedale con la via di comunicazione.
Il potente monastero di S. Salvatore di Linari, posto appena oltre il passo del Lagastrello, diviene il punto di arrivo di una via di comunicazione che, a partire dal XIII secolo, ne prenderà il nome: la strata de Linario. Questa, all’altezza di Moragnano, proseguiva lungo la val Parmossa per arrivare a Badia Cavana e da lì a Parma; così era almeno nel suo tracciato principale così come descritto negli Statuti di Parma del 1255. A questo si collegavano strade di più corto raggio nate e mantenute sfruttando i crinali naturali di risalita. Allo stesso modo il sentiero che da Guardasone punta a sud, si connette a una rete di antichi percorsi che innervano la val Parma e la Val d’Enza. Sentieri, questi, che ora sono arricchiti dalle connessioni naturalistiche e storiche che segnano il paesaggio in cui corrono; probabilmente lungo questi sentieri avrà passeggiato anche Francesco Petrarca, negli anni della sua presenza al castello di Guardasone.

Bibliografia
Bottazzi G. 1997, Viabilità medievale nella collina e montagna parmense tra i torrenti Parma ed Enza, in Studi Matildici IV, Atti del Convegno di Neviano Arduini (17 settembre 1995), Modena, pp. 153- 206.
Fontana F. 2012, La viabilità storica nelle Valli dei Cavalieri, in “Le Valli dei Cavalieri”, 29, Parma.

 

La geologia e i fossili di Guardasone

In rapporto ai contesti dell’Appennino emiliano il territorio di Traversetolo possiede diversi siti di importante valore geologico e paleontologico. Le rocce presenti sono soprattutto di origine marina e da sud verso nord ci raccontano una parte della storia geologica del territorio. Circa 150 milioni d’anni fa la disgregazione del supercontinente Pangea provocò la nascita dell’Oceano Tetide il cui basamento era formato da rocce vulcaniche. Oggi i diversi frammenti di questo oceano scomparso formano le rocce, Ofioliti di colore rosso, che si ritrovano raramente nei calanchi ma che compongono le rupi di Campotrera e Rossena vicino a Ciano d’Enza. In particolare i calanchi sopra Castione de’ Baratti derivano da un trasporto e rimescolamento durato da circa 125 a 70 milioni di anni fa. Fra le argille, invece, si distinguono quelle, cosiddette, a Palombini e Varicolori: sono di colore grigio, a volte con bande rosse, oppure verde e inglobano frammenti di Calcari bianchi, Arenarie marroni e Ofioliti. In queste rocce rinveniamo rari fossili di importante valore scientifico come Ammoniti (pregevole quella di Castione) e ossa di rettili marini.

I calanchi che dal Colle di Guardasone arrivano a Castione, invece, sono formati da argille più recenti che sovrastano stratigraficamente quelle precedenti (presso Castione è ben visibile il contatto). Chiamate Brecce Argillose della Val Tiepido-Canossa (con un’età di 28-20 milioni di anni) mostrano anch’esse una natura caotica la cui origine è legata ad enormi frane sottomarine avvenute sopra l’Appennino sommerso in lenta crescita. Il Colle di Guardasone è formato da rocce arenarie stratificate della Formazione geologica detta di Pantano (15-20 milioni di anni) contenenti molluschi fossili, frammenti di ricci marini e rari denti di squalo: una testimonianza di ambienti sviluppati sempre sopra l’Appennino, allora sommerso, simili agli odierni tropici. Interessanti sono gli affioramenti presenti nei vicini Monte Moro e Figna.

A nord di Guardasone troviamo argille e arenarie che raccontano l’emersione dell’Appennino avvenuta negli ultimi 10 milioni d’anni mentre il ricco patrimonio fossile ci parla del generale raffreddamento dell’area Mediterranea. In particolare troviamo prima le argille, che a Sivizzano danno luogo ad ampi calanchi, su cui si sviluppano sabbie ed infine ghiaie fluviali che segnano la definitiva scomparsa del mare che occupava l’intero settore padano.

Questa ultima fase geologica, che corrisponde agli ultimi 2 milioni di anni, è ben rappresentata nell’alveo del torrente Enza e si rinvengono, oltre ad una ricca compagine di molluschi marini, anche frammenti vegetali e ossa di mammiferi tra cui quelli di Bisonti.

Bibliografia
De Marchi A. 1997, Guida naturalistica del Parmense, Parma.
Fornaciari A. 1999, Gli aspetti paleontologici, in Media Val d’Enza, Montecavolo.

La protostoria a Guardasone – Archeologia

Le più antiche testimonianze che riguardano il colle di Guardasone risalgono all’età del Bronzo. Nel 1863 Luigi Pigorini, precursore degli studi sugli abitati terramaricoli risalenti a quest’epoca, individuò in località Monticelli di Guardasone un insediamento da lui definito “terramara di collina”.
Purtroppo già nel 1882, il noto naturalista e paletnologo, Pellegrino Strobel non riscontrò resti stratigrafici, forse perché tutto il terreno ricco di componenti organici era stato già sbancato per utilizzarlo nella concimazione dei prati, pratica molto usata nell’800. Pigorini descrisse il sito come ricco di “vasellame” e di “moltissimi manichi ad appendice lunata”. Di questo materiale, conservato al Museo Archeologico Nazionale di Parma ci rimangono alcuni reperti riferibili al Bronzo Medio (1.650-1.330 a.C.).

La localizzazione precisa di questo rinvenimento ottocentesco non è più stata individuata ma doveva trovarsi a nord dell’attuale cimitero di Guardasone.
Ricerche più recenti condotte da Leonardo De Marchi hanno individuato alcuni frammenti di ceramica di età del Bronzo presso l’alto colle della Guardiola assieme a un maggior numero di frammenti dell’età del Ferro.
Anche durante l’Età del Ferro infatti Guardasone ospitò un abitato, in questo caso di cultura etrusca, come tutti i grandi insediamenti sorti allo sbocco della Val d’Enza, in particolare l’abitato protourbano di Campo Servirola, posto sul lato destro della valle dove oggi sorge San Polo d’Enza. A indicazione della fiorente economia dell’insediamento e del territorio sono attestate a Servirola ceramiche d’importazione attica; frammenti della medesima provenienza sono attestati anche a Guardasone (V sec. a.C.).

Altri reperti raccontano delle abitazioni come, ad esempio, i frammenti dell’impasto argilloso a copertura della struttura delle pareti, formata da legni intrecciati che hanno lasciato la loro impronta sull’argilla. Le capanne dovevano prevedere forse uno zoccolo in pietra e gli alzati in legno con pareti ad incannucciato concotto (così si definiscono i frammenti sopra ricordati) e tetto in materiale deperibile. Il rinvenimento di un frammento di tegola permette di ipotizzare la presenza di coperture in laterizio.

L’abitato, in base ai rinvenimenti ceramici può essere inquadrato in un ambito culturale etrusco collocabile tra VI e V sec. a.C., due frammenti ceramici rinvenuti alla Guardiola, uno dei quali raccolto da Strobel, sembrano essere riferibili ad elementi alfabetici di lingua etrusca.
Oltre all’attestata fase etrusca il sito continuò a vivere durante il IV sec. a.C. con un insediamento d’ambito culturale di facies ligure, contraddistinto dalla tipica ceramica “vacuolare” e da produzioni più fini (fig. 6-7) anche se ormai lontane dalle più raffinate produzioni etrusco-padane.

Bibliografia
AA.VV. 1997, Le Terramare. La più antica civiltà padana, Venezia.
Catarsi M. 2003, Il popolamento antico del territorio di Traversetolo dalle origini all’Alto medioevo, in Quaderno n. 3 Valli del Termina, pp. 39-65.
De Marchi L. 2003, Archeologia della preistoria tra parmense e reggiano. L’Età del Bronzo nelle Valli Parma, Enza e Baganza, Parma.
De Marchi L. 2005, Archeologia globale del territorio tra parmense e reggiano: l’Età del Ferro nelle valli Parma, Enza, Baganza tra civilizzazione etrusca e cultura Ligure, Prato.
Donati N., Tirabassi I. 2017, Una necropoli familiare su una cengia della Pietra di Bismantova, in On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017, Parma.
Macellari R. 1984, Due graffiti vascolari etruschi al Museo di Parma, in “Emilia preromana” voll. 9-10, 1981-82 (1984), pp. 278-279.
Macellari R. (a cura di) 2014, Gli etruschi e gli altri. Reggio Emilia terra di incontri, Ginevra-Milano.
Mutti A. 1994, Caratteristiche e problemi del popolamento terramaricolo in Emilia Occidentale, Castel Bolognese.
Tirabassi J. 2003, L’Età del Bronzo nel territorio di San Polo, Cavriago.

 

 

L’età romana a Guardasone – Archeologia

Il periodo romano è attestato da diverse decine di ritrovamenti su tutto il territorio comunale di Traversetolo che testimoniano un capillare insediamento almeno a partire dalla prima età imperiale. I rinvenimenti sono normalmente caratterizzati da frammenti di laterizi e ceramica che identificano aree abitative o talvolta produttive. Ad esempio si citano le fornaci rinvenute sui terrazzi che si affacciano sul torrente Termina, alla base del colle di Guardasone, o la villa rustica composta da area abitativa e settore produttivo di Lido Valtermina.
L’area era interessata da una delle vie principali, parte del cursus publicus, del settore emiliano occidentale: la Parma-Lucca. Il suo percorso usciva dalla città di Parma e si dirigeva, con andamento obliquo rispetto alla divisione del territorio in maglie regolari (centuriazione), verso la valle dell’Enza lungo l’attuale Via Traversetolo. Raggiungeva la sponda reggiana del torrente e l’importante centro di Luceria, oggi piccola area archeologica visitabile, posto sui terrazzi fluviali ai limiti settentrionali dell’attuale Comune di Canossa, per poi arrivare sull’alto Appennino.
Il settore territoriale di Traversetolo e più in generale il tratto dell’Enza allo sbocco in pianura era strategico dal punto di vista delle comunicazioni transappenniniche e per gli scambi commerciali. Proprio in questo punto infatti venivano scaricati i carri trainati da cavalli per caricare i muli che dovevano attraversare i passi appenninici e viceversa.
La sommità del colle di Guardasone è legata all’importante ritrovamento di un cippo funerario rinvenuto in località Lughero. Reca sul fronte due iscrizioni: una di età augustea, e una più tarda. La prima ricorda un CN(AEUS) (P)ESCENNIUS GNOSTUS che sembra ricondurre ad una famiglia allargata (gens) di origine etrusca. La seconda più tarda, rozzamente incisa e di discussa interpretazione, riferibile al III/IV sec. d.C. attesta il lungo riutilizzo del manufatto.
Si segnala l’inconsueta abbondanza di frammenti di lucerne ed altri reperti rinvenuti alla sommità del colle della Guardiola, durante ricerche archeologiche in corso all’interno del progetto Inter Amnes – Programma S.F.E.R.A. Università di Parma, 2018-2021. Questi frammenti si sommano agli esemplari di lucerne intere raccolte nel 1856 presso il Castello di Guardasone e conservati al Museo di Parma, alle numerose tessere di mosaico bianche e nere (in rari casi marroni) assenti nelle ville rustiche appenniniche dell’area montana della val d’Enza, stanno sempre di più delineando la zona della Guardiola come area adibita al culto. La particolarità dei reperti e l’assenza dei tipici materiali che si rinvengono nelle strutture abitative romane, unitamente alla posizione dominante la pianura e l’importante strada Parma-Lucca, rafforzano questa ipotesi, che rispetta una prassi consolidata nel mondo romano di individuazione di luoghi prominenti per la realizzazione di strutture di carattere votivo.

Bibliografia
AA.VV. 2009, Storia di Parma, II, Parma romana, Parma.
Cassone N., Dazzi C., Fontana F., Garbasi F. 2018, Roma in Appennino. Storia e civiltà lungo la via romana Parma-Lucca, Reggio Emilia.
Catarsi M. 2003, Il popolamento antico del territorio di Traversetolo dalle origini all’Alto medioevo, in Quaderno n. 3 Valli del Termina, pp. 39-65.
Grazzi L. 1972, Parma romana, Parma.
Macellari R. 2015, Il progetto di scavi a Ciano d’Enza (RE) di Gaetano Chierici. Alle origini del Museo di Reggio Emilia, in Podini M., Garbasi F. (a cura di), Luceria. Il sito archeologico dallo scavo alla valorizzazione, Reggio Emilia.
Monaco G. 1947, Un cippo romano rinvenuto a Guardasone, in “Gazzetta di Parma” 10 ottobre 1947.

Castello di Guardasone e Guardiola

Il castello e la Guardiola di Guardasone sono situati sul versante del Monte Lugolo e collegati a vista con i castelli di Matilde di Canossa.
Protagonista della fondazione della rocca nei primi anni del XII secolo è, secondo le interpretazioni degli storici, Atto Baratto che era in stretti legami con la Contessa. Successivamente e per probabile iniziativa dei da Correggio, per completare il controllo visivo del territorio, fu eretta sulla sommità del monte la “Guardiola”, documentata dai primi anni del Trecento. La prima notizia di un centro fortificato è del 1165 quando un’investitura vescovile riporta “…in curte Guardasoni” con territori ad essa dipendenti.
Questo centro di proprietà signorili, che possiamo ricondurre sia al Vescovo di Parma sia alla famiglia Baratti che, tra XII e XIII secolo acquisisce grande prestigio; nel 1183 il vescovo Bernardo Rossi investe ufficialmente i Baratti del feudo di Guardasone; a questo momento segue un probabile miglioramento nell’assetto del castrum. La fortuna della famiglia va spegnendosi nel XIII sec. con la spaccatura interna tra Guelfi e Ghibellini.

Nel 1248 Federico II, durante l’assedio a Parma, riesce ad impadronirsi brevemente del castello per poi riparare a Cremona dopo la sconfitta di Vittoria il 18 Febbraio dello stesso anno. Suo figlio Enzo invece tenta una rivincita e occupato Guardasone è costretto da Rolando Rossi, che comanda le milizie del Comune di Parma, a fuggire in fretta a Reggio.

Tornato nelle mani dei Baratti continua a rappresentare una minaccia per il Comune di Parma che prima, nel 1266, ne dispone la distruzione per poi occuparlo e fortificarlo. Rimane per il resto del Duecento un centro di scontri fra i ghibellini e il Comune che con la sua cavalleria lo conquista nel 1296. Pochi mesi dopo il fervente ghibellino Azzo d’Este lo conquista danneggiandolo fortemente.

Il castello, sotto Giberto da Correggio, signore di Parma tra il 1303 e il 1316, venne utilizzato spesso come luogo di prigionia per gli esponenti ribelli delle famiglie più in vista, che razziavano e portavano disordini in territorio parmense.

A Guardasone soggiornò Petrarca, amico di Azzo da Correggio, che esaltò in esametri la forza della Guardiola. Azzo trasformò Guardasone in residenza signorile e diede avvio a numerosi lavori, realizzando una doppia cerchia muraria, a inclusione del borgo e a difesa del castello, rendendolo sede signorile della corte.
Agli inizi del ‘400 il castello passò ai Terzi e gli scontri che lo coinvolsero gli fecero perdere il carattere di corte residenziale, per tornare rocca militare, così come in tutta la prima metà del secolo, sotto il dominio Visconteo.

Nel 1449 Guardasone si arrese agli Sforza e ricevette alcune importanti concessioni fiscali che rimasero sino alla soppressione dei feudi alla fine del ‘700. Il feudo nel 1466 passò ai Borromeo che lo sottrassero dal diretto possesso della Camera ducale milanese e pur nel susseguirsi di numerosi scontri d’armi, lo mantennero sino alla soppressione dei feudi.
L’aspetto attuale del castello è il frutto delle distruzioni e ricostruzioni degli edifici ricordate e conserva, nella torre, le caratteristiche più antiche delle opere di Azzo da Correggio (sec. XIV); la parte residenziale è invece opera dei rifacimenti ottocenteschi operati dalla famiglia Rondani, attuale proprietaria del Castello (fig. 4-5).

Bibliografia

Affò I 1795, Storia di Parma, T. III, Parma, p. 210
Capacchi G. 1979, Castelli parmigiani, Parma, pp. 139-145.
Moroni S. 2003, Il Castello di Guardasone, in Valli del Termina, Quaderno n.3, pp. 109-295, Parma.
Pezzana A., Storia di Parma, vol. II, p. 37.

Trekking e natura

Il paesaggio dell’area di Guardasone è formato da diversi ambienti con caratteristiche diverse: dalle zone di fondovalle dei Torrenti Enza e Termina fino alla vetta del Colle di Guardasone.
Lo sviluppo dei boschi collinari è segnato dalla secolare manipolazione dell’uomo; le attività di sfruttamento del legname hanno, infatti, conservato maggiormente i boschi dei versanti più ripidi. Si possono riconoscere nel territorio due tipi di bosco: il querceto xerofilo e il querceto mesofilo. Quest’ultimo cresce in contesti più umidi a nord del Colle di Guardasone, dove dominano il Carpino nero, il Frassino e l’Acero opalo. Qui vivono anche Castagni da frutto non più coltivati. Il querceto xerofilo, tipico di ambiente più arido, si sviluppa su luoghi assolati esposti a sud ed è dominato da Roverella e Frassino assieme agli arbusti Ginepro e Ginestra dei carbonai. Ai margini dei boschi gli arbusti pionieri come Rosa canina, Prugnolo e Biancospino formano impervie macchie. A sud, lungo la Costa di Bazzano, la vista si apre sullo spartiacque, in parte bordato da calanchi. In terreni così argillosi e instabili le piante vivono contando su un suolo scarso o assente e con scarsa disponibilità d’acqua. Sui versanti più ripidi vivono poche specie dotate di profonde radici. Sui terreni pianeggianti si sviluppano praterie naturali che, quando ricche di Ginepri e Orchidee formano ambienti di importante valore naturalistico a livello europeo; tra le queste ultime sono presenti il Barbone adriatico o la rara Himantoglossum robertianum Importanti e rare fioriture di Dittamo si possono incontrare lungo il sentiero sopra il paese di Castione. Alla base dei calanchi dove il ristagno crea un ambiente più umido troviamo una esigua vegetazione acquatica.

Il percorso permette, con una variante che scende dal crinale verso Case Margine e Case dell’Orto, di raggiungere il Torrente Enza dove troviamo i boschi ripariali, ambienti corridoi fondamentali per la fauna e formati da specie amanti dell’acqua, come il Pioppo nero, il Pioppo bianco, il Salice bianco e molte specie arbustive. Lungo il Torrente Termina su suoli ricchi di nitrati e degradati troviamo boschi dominati dalla Robinia, Sambuco e Indaco bastardo.

Per quanto riguarda la fauna che popola questi ambienti possiamo notare diverse nicchie abitate da specie diverse. In località l’Ariana, il Canale della Spelta crea una piccola zona umida in cui vivono il Tritone punteggiato e la Raganella. Tra i rettili ricordiamo la Natrice dal collare e il Biacco, mentre nei boschi vive il Saettone. Nei luoghi sassosi vivono i rari Colubro liscio e Vipera. Il Torrente Enza rappresenta un’importante via migratoria che permette di avvistare molti uccelli di passo. Vicino al greto nidificano il Succiacapre e l’Occhione, entrambe specie protette a livello europeo, mentre sulle sponde nidificano colonie di Gruccione. Negli ambienti aperti nidificano a terra lo Strillozzo, lo Stiaccino, il Saltimpalo e l’Allodola. Più abituali sono l’Averla piccola e la Sterpazzola che nidificano nei cespugli. In primavera ricompare l’Upupa dalla peculiare cresta e dal volo sfarfallato. Tra i mammiferi di grossa taglia si contano il Capriolo, presente con una corposa popolazione, e il più raro Daino reintrodotto a scopo venatorio. Altra specie reintrodotta è il Cinghiale che, se numeroso, può creare gravi danni al sottobosco e ai terreni agricoli. l’Istrice invece è una specie naturalizzata di recente la cui tana si rinviene nei luoghi assolati. Importante la presenza del Tasso che nei boschi crea complesse tane (Foto 6), numerose anche le faine (fig. 7), più rare le donnole e puzzole. Dalla fine del secolo scorso è stato accertato il ritorno del Lupo, specie occasionale protetta da leggi nazionali e internazionali, un importante indicatore del buono stato ecologico del territorio.

Bibliografia
AA.VV. 1999, Media Val d’Enza, Montecavolo.
De Marchi A. 1997, Guida naturalistica del Parmense, Parma.